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MARIA LAI CHE LEGO’ ULASSAI ALLA MONTAGNA

Giovedì 18 alle ore 18:00 presso la Basilica di San Saturnino, Piazza San Cosimo, Cagliari, si terrà il ventitreesimo appuntamento dei “Dialoghi di archeologia, architettura, arte e paesaggio” organizzati dal #MuseoArcheologicoCagliari.

Questa settimana Romano Cannas, Giornalista già Direttore sede regionale Rai , terrà un incontro dal titolo “Maria Lai che legò Ulassai alla montagna”.

L’evento sarà trasmesso anche in diretta streaming sul canale Youtube e sulla pagina Facebook del Museo.

“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti».

La frase di Cesare Pavese nel romanzo, La luna e i falò, aiuta a capire che non è pensabile riferirsi a Ulassai senza, immediatamente, rincorrere il filo blu che porta a Maria Lai e alla sua montagna. Contemporaneamente, non è immaginabile questa tessitrice di opere d’arte e di narrazioni, senza l’irriducibile quinta scenica costituita dal paesaggio di rocce, assai più vaste della loro reale dimensione per l’immaginario di cui sono state generative. Verticalità imprendibili che hanno il loro corrispettivo sotterraneo in grotte e vallate.

In questo paesaggio, oggi turbato da una selva di pale eoliche, Maria Lai è nata. Dallo stesso è partita per poi tornare e realizzare un’opera sorprendente. Era stata già riconosciuta alla Biennale di Venezia, quando, l’8 settembre 1981, lei decise di realizzare un’opera performativa che definì la stretta e irreversibile relazione con la comunità di Ulassai di cui era parte, nonostante viaggi e riconoscimenti.

L’azione chiamata, Legarsi alla montagna, si svolse nell’arco di tre giorni; ebbe grande risalto in un programma della RAI; fu ripresa da Tonino Casula; e fu riconosciuta come un caposaldo dell’arte contemporanea.  Senza sbavature etnocentriche, Maria Lai riprese un’antica fabula di Ulassai, Sa Rutta de is ‘Antigus, che narra di una bambina che grazie ad un nastro azzurro che inseguiva, si salva dal crollo di una grotta.

Come fosse un voto, Maria Lai lega tutto il paese con un nastro azzurro. È lungo chilometri, perché, infine, tutto il paese deve, finalmente, legarsi alla montagna in un patto amoroso e salvifico.  «Lasciai a ciascuno la scelta di come legarsi al proprio vicino. E così dove non c’era amicizia il nastro passava teso e dritto nel rispetto delle parti, dove l’amicizia c’era invece si faceva un nodo simbolico. Dove c’era un legame d’amore veniva fatto un fiocco e al nastro legati anche dei pani tipici detti su pani pintau».

Così la racconta Maria Lai. Non diversamente, ma con più dettagli la racconta Romano Cannas che gli fu amico fraterno e che con lei condivideva quel paese da cui partirono, Ulassai, e a cui, entrambi, ritornavano. Sempre con la consapevolezza che laddove c’è un paese che ci aspetta non siamo mai soli, perché allo stesso siamo legati con nastri, invisibili, assai più tenaci di quello che Maria Lai inventò nel 1981.

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