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#iorestoacasa dal Museo Archeologico di Cagliari puntata 1

Dall’8 marzo 2020 i musei, i parchi archeologici, gli archivi, le biblioteche, i cinema, i teatri sono chiusi in tutta Italia.

Ma la cultura non si ferma e anche il Museo Archeologico di Cagliari aderisce alla campagna del MiBACT #iorestoacasa, continuando a raccontarsi virtualmente.

Cominciamo oggi con la prima vetrina del percorso cronologico del Museo in cui sono esposti reperti risalenti al Neolitico, quella fase della preistoria in cui hanno inizio agricoltura e allevamento. Tale periodo si colloca in Sardegna tra 6000 a.C. e 2800 a.C. circa e vede avvicendarsi le culture cosiddette Cardiale, Bonu Ighinu e Ozieri.

Qui si trovano le antiche armature di freccia in ossidiana, risalenti al Neolitico Antico e quindi associate alla cultura Cardiale, datata in Sardegna da 6000 a 4800 anni prima di Cristo. Si tratta di schegge lavorate che venivano immanicate su bastoncelli di legno ed utilizzate per la caccia. Uno degli animali più frequentemente cacciati era un lagomorfo parente delle lepri, oggi estinto, detto Prolagus Sardus, cui appartengono i frammenti di cranio esposti.

Per il Neolitico Medio datato fra 4800 e 4300 anni prima di Cristo, osserviamo le tante statuette femminili in terracotta, pietra ed osso e in particolare, quelle provenienti dalla necropoli di Cuccuru Is Arrius presso Cabras. Esse rappresentano la cosiddetta “dea madre”, un simbolo di fertilità e rinascita, reso con tratti di tipo volumetrico-naturalistico. Volumetrico in quanto sono costituite dall’accostamento di volumi rotondeggianti che rappresentano glutei, cosce e busto con la sovrapposizione di un cilindro per la testa.
Naturalistico poiché tutte le parti del corpo sono rappresentate. La testa cilindrica è coperta dalla massa dei capelli oppure da un copricapo. Il volto è caratterizzato dal cosiddetto schema facciale a T. Le braccia si possono presentare in due posizioni: distese lungo i fianchi oppure conserte; le mani presentano le dita delineate da incisioni, diversi esemplari presentano anche i piedi. Sul busto il seno è appena accennato.

La stragrande maggioranza di queste statuine proviene da contesti funerari ed in particolare a Cuccuru Is Arrius (Cabras) è stato individuato e documentato un rituale di sepoltura in pozzetti scavati nella terra in cui il corpo era deposto rannicchiato sul fianco sinistro in posizione fetale con la statuina nella mano destra. Il corredo era disposto tutto attorno al corpo e tracce di ocra rossa erano presenti sullo scheletro e gli oggetti. Il colore rosso dell’ocra richiamava quello del sangue e la sua forza vitale e rigenerante, mentre l’interpretazione della presenza delle statuine femminili è questione complessa e dibattuta. Fra le ipotesi più diffuse c’è quella legata al nome di “dea madre”, che vede in questi idoli la rappresentazione di una divinità femminile depositaria del segreto della nascita e della morte, concepite come un ciclo ininterrotto.

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