Il Museo Archeologico di Cagliari ha riaperto le sue sale al pubblico ma il nostro tour tra i reperti del percorso espositivo continua.
Oggi vedremo da vicino una brocca bilobata di epoca fenicia. Si tratta di un vaso proveniente dalla tomba 229 della necropoli di Bithia, la città di origine fenicia fondata sul promontorio dove ora sorge la Torre Chia. Nel corredo funerario erano presenti un’olla che conteneva le ceneri del defunto, piatti ombelicati in red slip, un piccolo tripode e la brocca che vi mostriamo, entrambi legati al consumo del vino, presente costantemente nei rituali funerari di epoca fenicia.
Al principio del 1° millennio a.C. il vino era decisamente un bene prezioso e, per questo destinato alle élites.
Le aristocrazie mediterranee lo consumavano in occasioni importanti, durante cerimonie pubbliche in cui era necessario consolidare rapporti politico-diplomatici tra comunità o in qualunque altra occasione utile per ostentare il proprio rango sociale.
La cultura del vino era una componente essenziale anche nelle cerimonie in onore dei defunti; il suo consumo nel banchetto funebre, come nella vita, era allusivo al rango sociale del defunto.
Il riferimento al vino nei contesti isolani rimanda a un’antichissima tradizione vicino-orientale, il marzeah, la celebrazione dei morti-eroi e di re divini attraverso la consumazione di vino e cibo.
Nelle necropoli fenicie olle, anfore e coppe contenevano e accompagnavano le ceneri del defunto. Il corredo, oltre ai piatti destinati alle offerte alimentari, era composto da alcuni vasi che costituiscono un vero set da vino: le brocche a orlo bilobato e il tripode.
La coppa-tripode in particolare rimanda alla “moda” di bere vino speziato diffusa nel Vicino Oriente: essa era infatti usata per macinare spezie e resine vegetali che venivano miscelate con il vino in coppe con carena molto accentuata per depositarne i sedimenti.
La presenza di questi corredi nelle sepolture isolane mostra che tale pratica venne adottata anche in Sardegna.