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#racconti dal Museo Archeologico di Cagliari. Puntata 61

Bentornati, continuate a seguirci nel nostro viaggio virtuale attraverso la collezione del Museo Archeologico di Cagliari.

Oggi vi portiamo davanti alle vetrine del secondo piano del Museo dove si trovano i reperti provenienti dal tempio di Antas.
Il santuario si trova al centro di una suggestiva valle nel territorio di Fluminimaggiore.
Il luogo era stato frequentato sin dall’età nuragica, come ci testimonia una figurina in bronzo raffigurante un uomo nudo con lancia, ora esposta nella mostra “Mont’e Prama” al terzo piano del Museo. Non ci sono tracce del luogo di culto nuragico, ma a poca distanza è presente un sepolcreto con tombe singole a pozzetto datato all’età del Ferro (9°-8° sec. a.C.).

In epoca punica il santuario conobbe almeno due fasi edilizie: la prima attorno al 500 a.C. risalente al primissimo periodo della dominazione cartaginese, l’altra nel corso del 4° sec. a.C., durante la quale il tempio fu restaurato in chiave punico-ellenistica.
Della fase punica rimangono poche strutture, ma una grande quantità di materiale votivo che era custodito prevalentemente all’interno di un vano, forse dedicato proprio a deposito di ex-voto.
Tra gli oggetti rinvenuti ci sono parti di statue in marmo, statuine in osso, talora abbellite con ornamenti aurei, parti di figure in argilla dipinta, mani in bronzo, copricapi piumati, numerosi amuleti, caducei in argento, foglie in oro e argento, monete ed iscrizioni di carattere votivo che ci riportano il nome della divinità principale: Sid, complessa figura di dio cacciatore e guaritore, cui viene dato anche l’attributo di Babai, forse dal significato di “padre”. Altre divinità attestate nelle dediche sono Melqart, verosimilmente assimilato a Sid, Horon e Shadafra, divinità guaritrici e la dea Elat, forse da identificarsi come la greca Demetra.

Le caratteristiche peculiari delle divinità venerate nel tempio di Antas sono in parte rivelate dai materiali votivi rinvenuti.
Un gran numero di giavellotti si riferisce alla personalità di guerriero e cacciatore del dio Sid, mentre al suo aspetto salutifero ci riportano i caducei.
Della ricchezza delle offerte ci sono piccola testimonianza le foglie in lamina d’oro e argento e le preziose testine in avorio e pasta vitrea, come il volto maschile barbato che doveva essere completato con elementi di materiali diversi.

Dopo l’epoca punica il tempio conobbe una prima ristrutturazione in età augustea (fine 1° sec. a.C.), di cui non rimangono che resti di decorazione in terracotta con la raffigurazione della vittoria alata e di figure umane, cui seguì un totale rifacimento in forme monumentali nel 3° secolo sotto il principato di Caracalla.
Il tempio assume così l’aspetto presentato nell’attuale restauro, con un portico anteriore di 4 colonne con capitello ionico che sorreggono un architrave su cui corre la dedica al Sardus Pater, divinità indigena, che è stata identificata come la trasposizione romana del precedente dio Sid.
Anche in epoca romana il santuario era ricco di offerte votive, di cui rimangono pochi resti: frammenti di mani in bronzo appartenenti a statue di grandezza di poco inferiore al naturale, statuette in bronzo, monete, iscrizioni, sia pure in numero assai minore rispetto all’epoca punica.

 

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