Giovedì 9 alle ore 17:00 presso la Basilica di San Saturnino, Piazza San Cosimo, Cagliari, si terrà il sedicesimo appuntamento dei “Dialoghi di archeologia, architettura, arte e paesaggio” organizzati dal #MuseoArcheologicoCagliari.
Questa settimana Carlo Figari, giornalista e scrittore, terrà un incontro dal titolo “Viale Trieste che fu il quartiere delle grandi terme romane”.
L’evento sarà trasmesso anche in diretta streaming sul canale Youtube e sulla pagina Facebook del Museo.
Quando Giovanni Spano, nell’ultima parte della sua Guida di Cagliari dettaglia i Dintorni della città, principia da Piazza del Carmine in direzione della Chiesa di San Pietro. Dietro il Convento dl Carmine “si osservavano molti ruderi dell’antica città romana, e dal modo come essi sporgevano si vedevano chiaramente che ivi esistevano l’antica Basilica ed il Foro.
Ora tutto quel sito è occupato da uno stabilimento di ferro fuso e di altre opere meccaniche, che vi ha eretto il sig. Raimondo Manunta, applicandovi la forza del vapore: ma si vedevano le tracce anche dell’abside”. Appare chiaro che il Piano di espansione verso est e verso ovest di Gaetano Cima è già in essere.
Il racconto di Spano continua con rinvenimenti di laterizi, mosaici e lastre di marmo, strutture romane sopravvissute sul piano di calpestio del Viale San Pietro, oggi Viale Trieste. Spano era uso passeggiare lungo le sponde della Laguna di Santa Gilla, “nel recesso dello stagno”, con i suoi studenti dacché nel 1834 gli fu assegnata la cattedra in Sacra scrittura nell’Università di Cagliari. Ma la sua passione archeologica che oltrepassava Cagliari fu anche causa della revoca della cattedra nel 1845.
Dopo l’edizione del Vocabolario sardo-italiano e italiano-sardo (1851-1852); degli scavi a Tharros; e, nel 1854, della Memoria sopra i nuraghi della Sardegna, nel 1855 fondò il Bullettino archeologico sardo che editò fino al 1864. Seguirono le Scoperte archeologiche fattesi in Sardegna (1871-1876). Nel Bullettino e nelle Scoperte, trovano ampio spazio i rinvenimenti cagliaritani, frequenti lungo l’asse Viale Trieste/Viale Sant’Avendrace.
Talché forse non fu affatto sorprendente, in questo rincorrersi di date e di coincidenze, che cento anni esatti dopo la sua morte, proprio nel Viale Trieste nello spazio prospiciente il Pastificio Costa, oggi della RAS, sia venuto in luce, nel marzo del 1978, un ambiente termale, profondamento rielaborato nel corso del tardo antico e dell’alto medioevo, che ha restituito 57 manufatti di marmo figurato di epoca romana, pure essi rielaborati e risemantizzati.
Tra i pezzi si segnalano un Bacco, una Venere anadiomene, un volto muliebre, un busto di Venere, una cornucopia, frammenti di arti. Era già accaduto tra Viale Trieste e Via Caprera, nella proprietà dei fratelli Buffa che, nel 1904, scavando per costruire il pastificio omonimo, Dionigi Scano segnalasse ad Antonio Taramelli il rinvenimento di grandi blocchi calcarei e di un lastricato.
Durante i lavori si rivenne un Bacco con un’iconografia differente da quello rinvenuto nel 1978. L’Unione Sarda ebbe la lungimiranza di intendere che i rinvenimenti di Viale Trieste, certamente erano in continuità con i rinvenimenti archeologici che a Cagliari si segnalano da secoli, ma inauguravano una nuova stagione dell’archeologia urbana ovvero di una dialettica consapevole tra rinvenimenti e contemporaneità in cui i primi non devono essere necessariamente negati.
Ma quello scavo, in un momento particolare della nostra Repubblica, scrisse pagine assai importanti nella storia della percezione del passato a Cagliari e in Sardegna. Inoltre si iniziò a dimostrare che la fine dell’impero romano non fu per la Sardegna la fine del modo ma la fine di un mondo e che la città e l’isola rimasero da protagoniste nella storia.